Mobilizzare vuole dire muovere l’articolazione. Ovviamente non parliamo di movimenti naturali che il paziente può svolgere in maniera autonoma ma di movimenti particolari che chiamiamo movimenti associati. Per comprendere di cosa si tratta è necessario fare un semplice rimando all’anatomia delle articolazioni. Il ginocchio, ad esempio, è formato dal femore e dalla tibia. Il femore, nella sua parte terminale, ha come due sfere (condili femorali) di grandezza differente che si poggiano sulla tibia. Essendo i condili di grandezza differente, insieme al movimento di rotolamento che si realizza nella flesso estensione si associa un movimento di rotazione interna esterna. Quindi diremo che il movimento di rotazione che si realizza nella flesso estensione è un movimento associato del ginocchio.
Questo esempio per aiutarti a comprendere che qualsiasi movimento fisiologico l’uomo compia, ci sarà sempre un movimento associato.
I movimenti associati si realizzano, oltre che per la morfologia delle superfici articolari anche a causa delle inserzioni muscolari.
Molto spesso nelle patologie più frequenti del sistema muscolo scheletrico vi è una limitazione del movimento accessorio che ingenera dolore e la qualità del movimento.
Il fisioterapista può quindi aiutare il paziente a recuperare il movimento accessorio con una serie di tecniche di mobilizzazione.
tecniche di mobilizzazione
Nella tecnica Mulligan, il movimento accessorio viene corretto e contestualmente si chiede al paziente di effettuare dei movimenti per aiutare a fissare la correzione. Questa tecnica è pain free ovvero il paziente deve percepire un alleggerimento o totale abolizione del dolore durante l’esecuzione.
Nelle tecniche proposte dal Concetto Mailtland le mobilitazioni possono essere senza dolore o con dolore in virtù del tipo di ragionamento clinico.
Nelle tecniche proposte da Freddy Kaltenborn le mobilitazioni seguono un particolare ritmo che ha a sua volta un grande effetto antalgico.
Nella tecnica di Robin Mc Kenzie le mobilitazioni si realizzano mediante particolari esercizi che si propongono ai pazienti.
Come avrai compreso esistono diverse filosofie e modalità di esecuzione delle tecniche di mobilizzaizone e per questo, un fisioterapista preparato, deve conoscerne molte.
In passato si credeva che le tecniche di mobilizzazione andassero a sbloccare direttamente il movimento accessorio mentre oggi sappiamo che lo “sblocco” si realizza soprattutto per meccanismi neurofisiologici che vanno a regolare le tensioni muscolari e la percezione del dolore.
Un altro luogo comune che è stato sfatato negli ultimi anni è che le articolazioni infiammate non possono essere mobilizzate. In realtà esiste una diversa intensità che può essere modulata in virtù dello stato clinico del paziente e pertanto, anche in fase acuta, un professionista formato in tecniche di terapia manuale, può mobilizzare le articolazioni per alleviarne i sintomi.
La mobilizzazione può essere anche uno strumento che il fisioterapista può utilizzare a scopo diagnostico. Molto spesso, infatti, per chiarire il livello sintomatico si procede a mobilizzare le diverse articolazioni del distretto dolente al fine di individuare con più precisione il segmento da trattare.
Indicazioni
-Algie vertebrali
-Algie articolari
-Trattamento della rigidità articolare
Controindicazioni
-Febbre
-Processi neplastici
-Fratture non consolidate
-Presenza di red flags, ovvero condizioni che necessitano di ulteriori approfondimenti
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